Nel corso del secolo scorso, alla stesura della storia del Santuario di Santa Maria di Pierno, hanno attentamente lavorato il senatore lucano Giustino Fortunato (1848-1932) e lo storico francese Emilio Bertaux.
Recentemente però, altri studiosi hanno aggiunto parti importanti alle vicende del santuario; i loro testi fanno parte della bibliografia consultata per realizzare questo breve riassunto sulla storia di questo luogo.
Per completezza e per rispetto della devozione verso la Madonna di Pierno, ho ritenuto infine opportuno riportare anche i risultati di impronta più "religiosa" delle ricerche di Don Michele Pascale, che, in alcune sue pubblicazioni, alla già nota storia del Santuario, ha aggiunto le spiegazioni sui motivi della venerazione della Madonna.
In questa sintesi, quindi, si e' cercato di rendere quanto più "omogenea" possibile la storia di questo luogo.
Nei libri di storia, i primi riferimenti alla zona di Pierno sono collegati alle vicende di Annibale che, nel 210 a. C., sarebbe transitato proprio alle falde del monte.
Il condottiero cartaginese, dopo una vittoria sui romani ad Herdonea, (l'attuale Ordona, in provincia di Foggia), decise di trasferirsi con le truppe nella zona nord della Lucania e, attraverso Ascoli satriano, Aquilonia e Conza, raggiunse prima Castelgrande e poi Muro Lucano (l'antica Numistro) dove e' ancora ben visibile il ponte su cui sarebbe transitato prima di spostarsi nella valle del Platano.
Da qui si allontanò verso il monte S.Croce e, prima di raggiungere Venosa, attraversò la collina alle falde del monte Pierno.
La storia vera e propria del Santuario, comunque, nasce nel 1130.
Si narra che in quell'anno, a causa dell'invasione dei pirati saraceni, i monaci Romiti Basiliani che abitavano il Monte S.Croce scapparono nella folta vegetazione del vicino monte Pierno e lì, in una cavità rocciosa, nascosero una statua lignea raffigurante appunto la Madonna.
Negli anni immediatamente successivi, verosimilmente nel 1139, a seguito della repressione messa in atto dalle truppe antipapali del Re Ruggiero II, San Guglielmo da Vercelli (1085-1142), in fuga dal monastero di Goleto (nei pressi di S.Angelo dei Lombardi), trovò scampo nei boschi del Monte Pierno, ove rinvenne il prezioso simulacro.
Nel frattempo, ebbe termine la lunga guerra tra principi normanni che si contendevano il diritto di sovranità nell'Italia meridionale e fu convinzione comune che il merito fosse da ascrivere alla Madonna di Pierno, mediatrice con Dio delle preghiere a Lei rivolte dalle popolazioni stremate.
Terminato il periodo bellico, con l'affermazione di Re Ruggiero II a sovrano degli stati Normanni, nello stesso anno 1139, San Guglielmo, chiese ed ottenne il permesso dal Vescovo di Rapolla per la edificazione di una chiesetta alle pendici del Monte Pierno per mettere in venerazione il simulacro.
Alla costruzione della Chiesa, seguì quella di 2 monasteri ad essa adiacenti e la messa a dimora di una piantagione di castagni, tuttora ben individuabile e che porta ancora oggi il nome di "castagneto di San Guglielmo".
Nella zona, oltre ai religiosi, si insediarono anche alcune famiglie di contadini che erano dedite alla coltivazione dei terreni che i feudatari donavano alla Chiesa.
Col trascorrere degli anni, il flusso dei pellegrini verso il Santuario assunse carattere sempre più rilevante e fu così che il principe Gilberto II de Balban, Signore anche di Vitalba e Armaterra, feudo nel cui territorio la Chiesa ricadeva, nel 1189 decise l'ampliamento del Tempio.
L'opera doveva anche rappresentare un ex-voto per il rischioso impegno che le sue truppe stavano per affrontare dovendo recarsi in Terra Santa a combattere per la liberazione di quei territori in occasione delle terza crociata.
Gilberto II tornò comunque sano e salvo dalla Crociata e, nel 1197, come si legge nelle iscrizioni del portale della Chiesa, ebbe la soddisfazione di inaugurare solennemente il nuovo Tempio, alla presenza del priore Bartolomeo e della Badessa del monastero del Goleto, di cui Pierno era dipendenza, Agnese dei Principi Filomarino.
La realizzazione della nuova Chiesa, che ha compreso al suo interno quella preesistente, (edificata da S.Guglielmo) fu curata dall'architetto Magister Sarolus che, insieme al fratello, dirigeva nella vicina Muro Lucano una scuola di apprendisti operai.
Le iscrizioni latine presenti sul portale tuttora esistente, narrano che la costruzione della Chiesa fu avviata nel 1189 durante il priorato di Frate Altenio ma il completamento avvenne nel 1197, con Frate Bartolomeo: si tratta di una delle poche opere di arte romanico-normanna del secolo XII° esistenti in Basilicata.
La data della consacrazione del tempio, invece, risalirebbe al 1221 e, secondo alcuni scritti dell'epoca, al rito partecipò anche il Papa Onorio 3°.
In quell'epoca, infatti, i pontefici erano soliti compiere personalmente la consacrazione di Chiese insigni; lo fecero Papa Urbano II per la Chiesa della SS. Trinità di Cava nel 1092 e Papa Innocenzo III nel 1216 per la Chiesa di San Giovanni di Orvieto.
E' probabile inoltre l'ipotesi secondo la quale i riti solenni della consacrazione della Chiesa furono tenuti alla presenza dell'imperatore Federico II di Svevia, in analogia a quanto avvenuto per la consacrazione della Chiesa di Monticchio nel 1059 da parte di Niccolò II, alla presenza di Roberto il Guiscardo.
Altri documenti, infatti, testimoniano la presenza di Federico II nel 1221 a Melfi; proprio in quell'epoca, visitando per la prima volta la valle di Vitalba, egli concepì l'idea della edificazione dei 3 castelli: Melfi, Lagopesole e San Fele.
Non si può comunque escludere che il rito di consacrazione sia stato officiato dai Vescovi Roberto di Muro Lucano e Buonomo di Monteverde.
Il 5 Dicembre 1456, però, un violento terremoto distrusse gran parte della chiesa, i monasteri e le modeste abitazioni dei contadini tanto da far allontanare dalla zona sia questi ultimi che gli stessi religiosi.
L'evento sismico risparmiò solo il pronao, la facciata, il portale, le tre navate divise da colonne con capitelli e la parte centrale dell'abside che restarono comunque in abbandono fino al 1550 quando la chiesa fu ricostruita (ed anche allungata verso le pendici del monte), in seguito ad alcuni eventi prodigiosi.
Si narra infatti che a seguito dell'evento sismico e della impraticabilità del tempio, la statua della Madonna fu trasferita nella Chiesa di Atella per assicurarLe una decorosa sistemazione ed ecco l'evento prodigioso: dopo il primo trasferimento nel comune vulturino, la statua scomparve inspiegabilmente per poi riapparire su un masso del Monte Pierno, difficilmente raggiungibile.
Tale sporgenza, ancora ben visibile, è chiamata "la ripa della Madonna".
Dopo il ritrovamento seguirono altri trasferimenti della statua ad Atella ma "il miracolo" della scomparsa e della riapparizione si replicò ancora.
Fu così che il papa dell'epoca, Leone X, informato del fatto dal vescovo di Melfi, Lorenzo Pucci, (successivamente cardinale), nel 1515 elevò il tempio di Pierno a Badia e, appunto nel 1550, per ordine di Don Luigi De Leyva, principe di Ascoli e signore di Atella, il governatore spagnolo Giovanni Salamanca la fece ricostruire.
In una diversa ricostruzione del Fortunato, però, si sostiene che l'attuale chiesa sarebbe il risultato di un'opera di ristrutturazione effettuata nel 1695 quando, a seguito di un terremoto verificatosi nell'anno precedente, l'allora vescovo di Muro Lucano ne avrebbe ordinato l'esecuzione.
Lo stesso Fortunato precisa addirittura che quell'evento sismico non avrebbe causato danni tanto rilevanti da giustificare quei lavori.
Pare, inoltre, che l'attuale abside semi-circolare sia stata costruita proprio in questa circostanza.
A prescindere dalla veridicità delle due tesi, la storia del Santuario prosegue con un capitolo dedicato alla "competenza" territoriale, contesa dalle due diocesi più vicine alla località.
Nel corso dei secoli, infatti, le diocesi di Rapolla e Muro Lucano, (confinanti tra loro) si disputarono varie volte la competenza sul territorio del Santuario e, soltanto nel 1895, durante il papato di Leone XIII, la commissione Concistoriale, esaminate le varie argomentazioni, pronunciò una definitiva ed inappellabile sentenza con la quale si attribuì a quella di Muro Lucano il territorio conteso.
Successivamente, il vescovo di Muro Lucano, Mons. Raffaele Capone, confermò uno speciale statuto con il quale stabilì che ad officiare il Santuario dovesse essere il clero di San Fele.
Della storia del Santuario, fa parte anche una fontana posta a sud della chiesa.
La sua originaria costruzione non è ben datata ma è presumibile che essa sia stata realizzata sin dalle prime frequentazioni del luogo e quindi, è probabile che risalga all' XI - XII secolo.
Nel corso degli anni, l'aspetto è sicuramente mutato ma il manufatto conserva ancora i 4 getti dai quali fuoriusciva l'acqua delle ricche sorgenti del monte; da qui si accumulava nella vasca posta alla base, prima del deflusso verso valle.
Il santuario oggi
Il 1° Maggio 2001, il vescovo di Melfi, monsignor Vincenzo Cozzi, ha benedetto l'altare in occasione dell'inaugurazione della chiesa che, ora, è completamente agibile.
Durante la realizzazione dei lavori di ristrutturazione, sono venuti alla luce dei resti umani che, come si sostiene in alcuni scritti, dovrebbero appartenere proprio alla famiglia di Gilberto II de Balban in considerazione dell'impegno profuso per la ricostruzione del tempio (1197) e per il suo arricchimento con molte donazioni.
Altri resti umani sono stati scoperti più recentemente; all'inizio di Novembre 98, infatti, durante l'esecuzione dei lavori per il ripristino della piazza antistante la Chiesa, sono tornati alla luce i resti di un monastero, (probabilmente quello attribuito a San Guglielmo) e, tra i muri perimetrali, è stato rinvenuto in perfetto stato di conservazione anche uno scheletro umano, appartenente presumibilmente ad un monaco vissuto intorno al 1200.
L'intera zona è stata prontamente recintata e protetta con una copertura in attesa delle ulteriori decisioni che la Sovraintendenza assumerà.
Le funzioni religiose si svolgono in ogni giorno festivo ed in coincidenza delle ricorrenze
Nell'abside ristrutturata, alle spalle dell'altare, e' stata ricollocata la statua della Madonna come riprodotto in questa foto.
Nell'immagine, e' riportata la pianta della Chiesa ormai completamente agibile.
L'ingresso della chiesa, attraverso il famoso portale, e' quello evidenziato in rosso.
Nella parte bassa della pianta e' evidenziata in blu l'area occupata dal campanile.
Altri particolari del portale
Parte della storia del Santuario di Pierno è dunque "narrata" dalle iscrizioni latine incise sulle pietre che ornano il portale il cui calco è attribuito all'ingegnere di S.Fele Giuseppe Antonio Petolino.
In particolare, 2 iscrizioni, per un totale di 4 righe, sono scolpite nell'architrave (zona A), un'altra iscrizione di altre 4 righe è riportata nella lunetta del portale, (zona B), ed altre 2 iscrizioni sono leggibili nei due semicerchi concentrici che ornano il portale (zona C).
Dalla loro interpretazione, curata dai senatori Giustino Fortunato e Benedetto Croce (che incontrarono non poche difficoltà per le notevoli abbreviazioni del carattere gallo-franco e per l'erosione subìta dalla pietra calcarea), si deduce che:
la costruzione del tempio fu iniziata nel 1189 e terminata nel 1197;
fu il signore normanno Gilberto II de Balban a sostenerne la spesa;
reggente del Monastero di Goleto era in quell'epoca la Badessa Agnese;
furono gli architetti di Muro Lucano a realizzare l'opera.
Più precisamente, l'iscrizione scolpita nell'architrave del portale (zona A) si articola su due linee di quattro versi alle quali seguono altre due righe sottostanti indicanti la data della costruzione del tempio e gli autori.
Nella sua versione originale, non riscontrabile nella fotografia, il testo dell'architrave è il seguente:
(in minuscolo i caratteri completamente cancellati o appena visibili)
+ haC GILLEBT' DE BALBA DEDIcat AEDEm in q AlTAm posuit diviNA BOTTIA SED'
FECIT UT A DNO FERRET CELESTE TALETu hic oras amas poterSALVATORE PARETV
ANO.MIL.CET.OCTGMO.NONO Nre SAlut'cEL MAG sAROL ET ROG FR EI E A
LIOR MAGISTOR MURANE CIVITATIS FECER' HOC OP'
La "conversione estesa" dell'iscrizione dell'architrave (zona A) è quindi la seguente:
Hanc Gilbertus de Balban dedicat Aedem,
In qua altam posuit divina potentia Sedem.
Fecit ut a Domino ferret celeste talentum;
Hic orans, animas poterit salvare Parentum.
Anno millesimo centesimo octuagesimonono nostre salutis celestis,
Magister Sarolus et Rogerius frater ejus et aliorum magistorum
Murane civitatis fecerunt hoc opus.
Ossia: "Gilberto de Balban dedica questo tempio, in cui la divina Potenza ha posto l'alta sua sede.
Ciò ha fatto per ottenere dal Signore la grazia celeste; qui pregando, potrà salvare le anime dei suoi genitori.
Nell'anno di nostra salute 1189, maestro Sarolo e Ruggero, fratello di lui e di altri maestri della città di Muro (Lucano) fecero quest'opera".
La lunetta sovrastante l'architrave (zona B), riproduce invece la seguente dicitura:
SET ABHIC OP' ISTE
Non EGIT CFERAT UTRIq REGNA SVPRE
MA DS' qd SCRIPTURA LEGIT MAG SA
rOL' EGIT
Infine, le due iscrizioni riprodotte (con le solite abbreviazioni), nei due semicerchi concentrici posti nella parte più esterna del portale (zona C):
la riga esterna riporta:
AGNES ABBTISA SIMUL QUA PSIDE FACT E. SUMAT P MERITIS PMIA DIGNA SVIS MILE DECE NOVIES SEPTQ FERUTUR ANNI EX Q DS E. TEMPORE
FAT'HO
quella interna:
NOSCITE PCLARA QQ speTATIS Ad aedem qD prior hoc EGIT BARTHOLOM' OP' ALTEN' CEPIT
Il significato delle iscrizioni della lunetta e dei due semicerchi è:
La chiesa fu realizzata sotto la presidenza della badessa Agnese. In cambio dei suoi meriti, riceva dei premi degni. Sono trascorsi 1197 anni da quando Dio si è fatto uomo. Sappiate tutti voi che rivolgete lo sguardo all'illustre Chiesa che il priore Bartolomeo ha completato quest'opera; Altenio la incominciò ma non riuscì a portarla a termine; ad entrambe conferisca Dio il regno dei cieli.
Ciò che è descritto, fu fatto da maestro Sarolo.
Maestro Sarolo
Terminata la realizzazione della Chiesa di S.Maria di Pierno, Magister Sarolus si occupò nel 1209 della costruzione della Chiesa di Rapolla, poi completata nel 1253 da Melchiorre di Anglona.
Altro lavoro del Sarolus è la Chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie nella località di Capodigiano (Muro Lucano).
Lo studioso francese Emilio Bertaux, attento ricercatore dell'arte lucana medievale, attribuisce all'architetto Sarolo anche la Chiesa di San Michele nel centro storico di Potenza.
Vista frontale della Chiesa di S.Maria di Capodigiano (Muro Lucano - PZ)
Fotografia della pietra posta sul retro della Chiesa dove è ancora rilevabile l'incisione di mastro Sarolo.
Rilevazione delle diciture incise da Mastro Sarolo
la cui interpretazione è la seguente:
"Hoc opus egregie positum doctus Sarolus egit"
ovvero:
"Questa opera, mirabilmente costruita, la realizzò il maestro Sarolo"
Bibliografia:
Badie, feudi e baroni della valle di Vitalba.
Giustino Fortunato
Notizie storiche sul Santuario di Pierno - canti e preghiere dei pellegrini.
Mons. V. Michele Pascale
San Fele - la terra madre: la Lucania e la valle di Vitalba.
Mons. V. Michele Pascale
San Fele nella storia delle dominazioni sassone normanna e sveva (969-1269).
Mons. V. Michele Pascale
San Fele, la chiesa di S.Maria di Pierno; monasteri vol. II pagg.192-196.
Valeria Verrastro - Lucio Cappiello.
Basiliani e benedettini a confronto, S.Maria di Pierno. - Basilicata Regione nr. 1/1995.
Roberto Faggella.
Itinerari del sacro in terra lucana. - Basilicata Regione nr. 2/1999.
Lucio Cappiello - Salvatore Pagliuca.
Santa Maria di Pierno; con il bastone del pellegrino.
Valeria Verrastro.