NEL REGNO DELL’AGRIFOGLIO
Un viaggio tra la flora e la fauna di Monte Pierno
a cura di Gianfranco Botte (*)
Il Monte Pierno (1.268 m.s.l.m.) rappresenta una delle vette più estreme di quel lembo di Appennino Lucano che volge a nord-est.
La sua sagoma atipica insieme a quella più classicamente conica del Monte Santa Croce (1.407 m.s.l.m.), domina la Valle di Vitalba e, nonostante la interposizione del massiccio del Monte Vulture, risulta ben visibile già da alcune località della Puglia.
Il versante occidentale della montagna, ai piedi del quale sorge il santuario, è rappresentato da pareti di calcari dolomitici massicci, di un caratteristico colore grigio-giallastro che rappresentano parte della serie calcareo-silico-marnosa del Bacino Mesozoico di Lagonegro.
Il versante meridionale, invece, e' rappresentato da una serie di rilievi degradanti verso sud-est, costituiti da scisti silicei appartenenti alla stessa serie del Bacino di Lagonegro e caratterizzati da sottili alternanze di selci nere, grigie, rossastre e verdastri, con intercalazioni di marnoscisti e di argilloscisti.
Un esempio di roccia calcarea e di vegetazione in abito primaverile del Monte Pierno.
LA FLORA
La diversa esposizione dei suoi versanti, le caratteristiche orografiche e le attività antropiche condizionano fortemente la distribuzione della vegetazione sul suolo, in particolare di quella forestale.
Il Cerro (Quercus cerris), dalle ghiande con squame allungate e lineari, è distribuito in particolare sul versante sud del complesso Pierno-Orti di Pierno in quanto predilige suoli argillosi ed arenari dove diventa molto competitivo.
Al cerro sono associati, allo stato prevalentemente arbustivo e soprattutto a quote più basse, quelle specie che caratterizzano le quercete lucane.
Tra queste spicca il Carpino bianco (Carpinus betulus) il Corniolo (Cornus mas) ed il Sanguinello (Cornus sanguinea), il Melo selvatico (Malus sylvestris) e l'Acero campestre (Acer campestre), nella foto riprodotto nel periodo autunnale.
Sempre nelle aree maggiormente esposte a mezzogiorno, in particolare in località Orti di Pierno, la presenza di riaffioramenti di falda e di confluenze di acque superficiali consentono a specie come pioppi e salici di vegetare al riparo dalle fresche correnti di quota.
La specie forestale dominante sul Monte Pierno è senza dubbio il faggio (Fagus sylvatica), come la foto rappresenta.
Essa infatti caratterizza i due terzi dei suoi versanti, privilegiando, ovviamente, quelli più freschi e umidi. Il regime di taglio a ceduo, molto diffuso, non consente lo sviluppo di fustaie che, invece, troviamo sul vicino Monte Santa Croce (1.407 m.s.l.m.).
Le caratteristiche termofile di tali faggete consentono uno sviluppo di specie floristiche più tipicamente submediterranee e meno montane.
L'agrifoglio (Ilex aquifolium), qui riprodotto, è un noto alberello sempreverde dalle foglie spinose, lucide e coriacee; compone un denso strato arbustivo all'interno della faggeta, con esemplari che, in alcune aree marginali in quota, raggiungono uno sviluppo considerevole anche di alcuni metri in altezza, assumendo una caratteristica forma conica che, grazie alla presenza delle tipiche drupe scarlatte contenenti i semi della pianta, ci rimanda ad atmosfere tipicamente natalizie.
Altre specie arbustive tipiche di queste formazioni forestali sono il pungitopo (Ruscus aculeatus), la laureola (Daphne laureola), piccolo arbusto molto elegante con foglie lucenti e coriacee concentrate alla estremità dei rami e l'euforbia delle faggete. I tronchi degli alberi si prestano, inoltre, da solido sostegno per rampicanti come l'edera (Hedera helix) che grazie alle proprie radici aeree utilizzate come ventose raggiungono elevate altezze.
Lungo i sentieri, nelle aree sottoposte a tagli selvicolturali e nelle piccole radure è frequente notare la presenza di una pianta dal fusto eretto e alto fino a 150 cm con grandi foglie carnose. E' la famigerata belladonna (Atropa belladonna) specie appartenente alla temibile famiglia delle solanacee. Essa fiorisce tra giugno ed agosto ed i frutti che produce, delle dimensioni di piccole ciliegie e di colore nero, sono velenosissimi.
Tra le altre specie che confermano la vocazione termofila di queste formazioni forestali di Monte Pierno è facile notare, già dal mese di marzo, quando cioè la scarsa copertura fogliare permette al sole di illuminare il sottobosco, l'anemone dell'Appenino (Anemone appennina) che, creando veri e propri tappeti colorati di bianco e di lilla, contrassegna la saldatura tra il sottobosco del querceto e quello della faggeta.
Alla fine dell'estate e all'inizio della stagione autunnale, invece, i boschi si colorano del rosa delicato di una delle specie botaniche piu' eleganti e tipiche di questi ambienti, il Ciclamino napoletano (Cyclamen hederifolium).
Il meno diffuso ciclamino primaverile (Cyclamen repandum) caratterizza invece la primavera con fiori leggermente profumati e dal colore piu' intenso.
Sul versante occidentale di Monte Pierno, la faggeta si spinge fino quasi a lambire il Santuario e l'abitato. In questa zona, in seguito a ripopolamenti relativamente recenti, troviamo numerosi esemplari di conifere come il pino nero (Pinus nigra) il pino silvestre (Pinus sylvestris) e qualche esemplare di abete bianco (Abies alba).
Un'altra specie molto diffusa che possiamo rinvenire sia allo stato arbustivo che come albero formato è l'orniello (Fraxinus ornus).
Alla base del costone roccioso di Monte Pierno, inoltre, vegeta una nutrita colonia di castagni (Castanea sativa) che accoglie il viaggiatore proveniente dalla Valle di Vitalba e diretto al Santuario.
Gestiti a ceduo, questi alberi vengono utilizzati soprattutto per la produzione di legname da paleria.
La primavera rappresenta senz'altro il periodo di maggiore interesse per gli amanti dei fiori e del rigoglio vegetazionale del bosco. Le radure in quota di Monte Pierno, in particolare, si ricoprono di un tappeto multicolore di fiori e il verde delle prime foglie di faggio, dalle innumerevoli sfumature, fa da delicata cornice alle suggestive pareti rocciose della montagna.
Tra le prime specie a sfidare gli ultimi freddi invernali ci sono i crochi (Crocus albiflorus) dal colore bianco o lilla che sbocciano già a febbraio. Subito dopo compaiono le primule comuni (Primula vulgaris) dal delicato colore giallo paglierino e poi ancora le numerose ranuncolacee tra le quali il favagello (Ranunculus ficaria), dal colore giallo canarino, che predilige luoghi ombrosi ed è facilmente distinguibile dagli altri ranuncoli per le foglie a forma di cuore dal verde intenso.
Contestualmente cominciano a fiorire, nei luoghi piu' freschi ed ombreggiati, le numerosissime pervinche (Vinca minor) e (Vinca major), nella foto a sinistra, piante striscianti dai caratteristici petali viola asimmetrici che ci accompagnano fino al mese di maggio inoltrato.
In aprile, la viola del pensiero (Viola tricolor) anche nella sua variante gialla, forma dei nuclei numerosi e circoscritti insieme a rari narcisi (Narcissus poeticus) molto più numerosi sul vicino Monte Santa Croce dove, tra l'altro, le faggete di alto fusto, sono interessate, nello stesso periodo, a differenza del Monte Pierno, da una vera infestazione di aglio orsino (Allium ursinum), una liliacea che diffonde un intenso odore di aglio.
I gerani sono anch'essi molto numerosi nelle specie Geranium Robertianum, Geranium lucidum, Geranium sylvaticum.
Nel corso di escursioni si possono notare bellissime ed appariscenti orchidacee come l'orchidea purpurea (Orchis purpurea), l'orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina) e la concordia (Orchis mascula). Nel carosello seguente le foto:
Su quasi tutti i versanti della montagna, ai margini delle aree boscate, lì dove il sole riesce a raggiungere i sottili lembi di terreno che si intersecano tra le rocce affioranti, è facile, da aprile fino a quasi tutta l'estate, notare estese macchie di un colore rosa tenue con sfumature più scure. Sono le folte colonie di serpillo (Thymus serpyllum) dall'aroma delicato.
Sui prati rocciosi che ricoprono interamente il crinale della montagna, invece, sono presenti specie come il latte di gallina (Ornithogalum umbellatum) graziosa pianta dai fiori a forma di stella con petali color bianco puro ed una fascia verde esterna, l'eliantemo bianco (Helianthemum appenninum), il garofano selvatico (Dianthus carthusianorum) e l'emero (Coronilla emerus) piccolo arbusto con infiorescenze lungamente peduncolate di colore giallo.
Ai margini estremi inferiori delle formazioni forestali e nelle radure diffuse in prossimità dell'area sommitale del Monte Pierno, soprattutto in quelle maggiormente esposte a mezzogiorno, troviamo estesi consorzi di cespugli caratterizzati soprattutto da specie eliofile come il biancospino (Crataegus monogyna) il prugnolo (Prunus spinosa) la rosa selvatica comune (Rosa Canina), il pero selvatico (Pyrus pyraster) ed il rovo da more (Rubus ulmifolius). La grande adattabilità di tali specie è favorita, oltre che dalla ricchezza di nutrienti minerali e dall'umidità del terreno di queste aree marginali anche dalla appetibilità dei frutti di alcune di esse da parte degli uccelli che permette una efficace ed intensa dispersione dei semi sul territorio, nonché dalla presenza di aculei epidermici che inibiscono il morso del bestiame al pascolo.
È proprio in questo habitat particolare, dove gli arbusti raggiungono una elevata esuberanza vegetativa grazie ad una vita associativa indotta soprattutto per causa meccanica dall'attività agropastorale, che risiedono numerose specie di animali selvatici che caratterizzano la fauna di Monte Pierno.
LA FAUNA
Oltre ad uccelli come l'averla, la capinera e il cardellino che trovano negli arbusteti abbondanza di cibo, vi sono anche numerosi micromammiferi come topiragno, arvicole, topi campagnoli e moscardini che rappresentano le prede di altri mammiferi come la donnola (Mustela nivalis), snello e agilissimo mustelide di grande adattabilità.
Tra l'avifauna che popola fronde e cespugli, deliziando spesso con il canto e con allegri ed acrobatici voli l'escursionista, bisogna inoltre citare la cinciallegra ( Parus major), l'usignolo (Luscinia megarhyncos) ) la cincia mora (Parus ater), la cinciarella (Parus caeruleus), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il pettirosso (Erithacus rubecula).
È frequente assistere, nel corso della precoce migrazione del grillaio (Falco naumanni), che coincide già con i mesi di agosto-settembre, all'avvistamento di nutriti stormi di questo piccolo e colorato rapace che, con picchiate veloci e precise caccia cavallette, coleotteri e insetti vari che coprono circa l'80% della sua alimentazione.
Durante le giornate particolarmente ventose è inoltre facile notare il gheppio (Falco tinnunculus) un altro rapace di dimensioni contenute, molto diffuso, che utilizzando le correnti d'aria assume la classica posizione dello "spirito santo" cioè rimane immobile in aria per perlustrare il terreno in attesa di prede sfruttando, per la caccia, il fattore sorpresa.
La variegata alternanza di boschi, macchie e pascoli in quota di Monte Pierno rappresenta un ambiente ideale per numerosi altri rapaci diurni come ad esempio la poiana (Buteo buteo) dalla sagoma tozza e dal colore molto variabile, il nibbio bruno (Milvus migrans), riprodotto nella foto a sinistra, rapace molto adattabile che non disdegna di cibarsi di animali già morti o magari debilitati, anche pesci sulla superficie dell'acqua.
Il nibbio reale (Milvus milvus) dal corpo più snello del precedente e dall'apertura alare leggermente più ampia rappresenta il dominatore dei nostri cieli, grazie alle sue dimensioni ed al suo portamento elegante. Come il nibbio bruno, esso si adatta a mangiare di tutto utilizzando anche le discariche come "carnai", ma non sono rare le picchiate per ghermire piccoli animali domestici o da fattoria, nonostante non dimostri, in caccia, l'aggressività di altri rapaci.
Tra i mammiferi che popolano l'area bisogna citare la volpe (Vulpes vulpes), diffusissima e mustelidi come la faina (Martes foina), la martora (Martes martes) ed il tasso (Meles meles) dalla grande adattabilita' alimentare che gli consente di essere molto diffuso. La presenza del lupo (Canis lupus), inoltre, è occasionale e limitata ad alcuni periodi dell’anno. Bisogna, inoltre, citare la presenza diffusa del riccio (Erinaceus europaeus meridionalis) e della talpa (Talpa romana) oltre a quella del cinghiale (Sus scrofa), il re della macchia. Molto meno diffuse specie come il gatto selvatico (Felis silvestris) spesso confuso con il più frequente gatto domestico inselvatichito, più piccolo e con la coda più lunga e meno tronca.
CONCLUSIONI
Il complesso montuoso di Monte Pierno, grazie alle sue peculiarità storiche, culturali paesaggistiche e naturalistiche e grazie ad una continuità territoriale con altri contesti di rilevante interesse ambientale come Monte Santa Croce, il bosco di San Cataldo, Monte Caruso ecc. rappresenta un'area che andrebbe valorizzata proprio nelle potenzialità insite nella sua identità, in una logica di sviluppo sostenibile.
L'istituzione del Parco del "Vulture - Santa Croce - Bosco Grande - Lago Grande e Piccolo di Monticchio" rappresenta, quindi, senz'altro, una opportunita' irripetibile per scongiurare un degrado latente che rischia di danneggiare col tempo un patrimonio di inestimabile valore e per rilanciare un progetto di solido e duraturo sviluppo di queste aree interne della regione.
(*) Responsabile sezione WWF del Vulture.
Un suggestivo paesaggio invernale sul monte Pierno, caratterizzato dalla galaverna, fenomeno che si verifica quando, in giornate nebbiose, la temperatura scende sotto lo zero.